Quando ero piccola, guardavo spesso il cartone animato Disney de «Il gobbo di Notre Dame» (in realtà, credo che Frollo sia stato uno dei miei peggiori traumi infantili, ma questa è un’altra storia). Mi chiedevo sempre come sarebbe stato partecipare alla famosa Festa dei Folli, se mai fosse esistita.
Poi sono diventata grande e il mio sogno di assistere a questo tipo di manifestazione è andato scemando.
Finché qualcuno non mi ha portata al Lucca Comics and Games.

Badate bene, non sono una veterana della fiera e, lo ammetto, non faccio neanche parte di quella percentuale di persone che partecipano appositamente per uno scopo: assistere alla proiezione del nuovo film di Frizzi e Sbrazzi; partecipare alla conferenza del famoso disegnatore cecoslovacco Guhefe Kiaoufhsi; contendersi il titolo per i migliori tacchi per scarpe fosforescenti.
No, io sono una becera, ignorante e profana osservatrice.
Non meriterei di avere il biglietto… se non fosse che lo pago, quindi saranno anche cavoli miei.
E siccome sono un’osservatrice, faccio quello che mi riesce meglio – rullo di tamburi : osservare.
L’ho osservato il Lucca Comics ad Games, ed è qualcosa di BELLISSIMO.

È vero, da un punto di vista cinico e calcolatore che normalmente adoro utilizzare, si tratta di una piaga che la città di Lucca è costretta a subire ogni anno – traffico chiuso, strade intasate da una massa di deficienti in costume, sporcizia inevitabile, bagni pubblici che diventano Blob – e che conduce bestemmiando i poveri lucchesi al giorno di chiusura della fiera, in cui cominciano a contare tutti i soldini che hanno guadagnato, e forse a sorridere un pochino di più.

 

Lucca Comics and Games non è la prima rassegna d’Europa nel settore solo per scherzo:

220.000 sono stati i biglietti venduti nel 2015, ma 400.000 sono state presenze stimate in totale per i quattro giorni di fiera.
Pensandoci è una follia. Appunto.
Aveva ragione Frollo, allora.
Se pensi che sull’autobus per andare a lavoro, ti porteresti volentieri dietro una granata per farti spazio e respirare! Nel mondo normale di tutti i giorni, odi la gente.
A Lucca la odi lo stesso (soprattutto quelli che con nonchalance e savoir faire saltano la fila), ma la odi un po’ di meno.

Non puoi fare altrimenti:
Esistono altre occasioni nella vita di tutti i giorni in cui hai l’improvviso istinto di abbracciare un perfetto sconosciuto, magari chiedendogli anche una foto, senza che la simpatica scenetta finisca con un inseguimento della polizia?
Esiste un’altra occasione al mondo in cui il suddetto sconosciuto vaghi per strada vestito da Capitan Uncino, senza che la neuro abbia già mandato qualcuno per un ricovero obbligatorio?

Esiste un posto dove puoi cantare a squarciagola le sigle dei cartoni animati della tua infanzia insieme a Cristina D’Avena??

No che non esiste! Perché QUESTA è la festa dei folli!

MUSICA MAESTRO!

oggi non esiston più
regole né schiavitù
oggi è il giorno in cui si… può!!

Attenzione: nonostante la similitudine, nessuno è stato messo alla gogna sotto un pioggia di verdura marcia. Neanche Steven Moffat.

 

Non starò qui a spiegare che cosa sia il Lucca Comics and Games, mi sembrerebbe un’offesa nei confronti degli utenti di questo sito.

Facciamo una rapida panoramica:
L’enorme area Games offre una vastissima gamma di scelta di giochi da consolle e da tavolo, con la possibilità di provarli dal vivo, addirittura davanti ad un pubblico di tifosi. E no, non sto parlando di FIFA (c’era anche quello, però) ma di League of Legend a cui era dedicato un megaschermo nel bel mezzo della piazza.
Robetta, proprio.
Per i meno vanagloriosi, il padiglione Games offre ampio spazio di manovra a sfegatati giocatori di ruolo (e non). Un’occasione per sfidarsi da ogni parte della penisola, all’ultimo incantesimo-colpod’ascia-scoccatad’arco-tieni,Frodo,portavial’anello.
Se ciò non bastasse, la fiera di Lucca dà la possibilità a menti geniali (perché per inventare trame intricate come quelle, o sei un genio o sei in trip perenne da LSD) di presentare al pubblico giochi originali, creati e prodotti in modo più o meno indipendente. Una possibilità per queste persone di farsi notare e conoscere. Che non possiamo diventare tutti impiegati delle poste, c’è crisi!

 

Dopo questa rapida e per niente esaustiva occhiata all’area Games (oh, io ho pagato il biglietto per andare a vederla. Voi invece????), ci si può spostare verso l’altra enorme area dedicata della fiera. Indovinate qual è?
Che bravi: Comics.
Sarò di parte: l’area comics è la mia preferita.
Ma non date retta a me, io ho problemi.
Passerei l’intera giornata a guardare le tavole esposte nelle mostre dedicate, a sfogliare gli albi, a stalkerare i disegnatori che – con la stessa manualità con cui io non riesco neanche a girare gli spaghetti attorno alla forchetta – creano degli schizzi meravigliosi soltanto come semplice autografo su una copia.
Per ore ed ore!
Fare il fumettista può anche non essere considerato un vero lavoro, ma a me pare che si facciano un bel mazzo ogni volta.
Anche in questo contesto, Lucca Comics è l’occasione per molte case editrici più o meno conosciute di mostrarsi ad un pubblico più ampio (sempre quelle famose 220.000 persone, per ti dirti).
Comics offre inoltre la possibilità di vedere, toccare e palpare, ai limiti della legalità, i beniamini del Tubo e dell’internet tutto.
Per quest’anno sul menù (giusto per buttarne una manciata di quelli che ho visto e che mi ricordo): Sio, Fraffrog, Richardhtt, Nirkiop, Dario Moccia, il Rinoceronte di Orgoglio Nerd, Zerocalcare (se questi nomi non fanno suonare nessuna campanella… I’m sorry. I’m so so sorry).

Una volta strappata via con la forza dall’area Comics, sono stata trascinata verso la terza area che negli ultimi anni si è allargata sempre di più.
Parlo, naturalmente, dell’area Japan.
Per tutti gli appassionati della cultura nipponica, una vasta scelta tra vestiario, cibo, fumetti, gadgets e ragazze vestite da liceali che cantano in (presunto)giapponese su un palco.
Sì, ero un po’ perplessa. Ma d’altra parte giravo con una chitarra finta fatta malissimo, chi sono io per giudicare?
Quest’anno, è stato proposto anche un approfondimento sul rito della vestizione giapponese. Io ho ancora difficoltà ad allacciarmi le scarpe, quindi…

Messi da parte i tre grandi big, restano ’soltanto’ gli stand dedicati alle novità dell’anno.
Star Wars – Il risveglio della Forza era sicuramente il più gettonato, con un padiglione apposito dentro cui era possibile dare un’occhiata più da vicino ai nuovi costumi, le nuove spade laser (oh, a me la guardia laser piace. Che ce volemo fa?) ed il trailer in 3D.
Giusto perché mettere in vendita i biglietti due mesi prima non aveva creato abbastanza Hype.

E se proprio non vi va di comprare il biglietto, perché il braccialetto non fa pendant con il vostro outfit alla moda, non c’è problema. Potete tranquillamente circolare per il centro di Lucca, circondati da una folla impazzita e colorata che, senza alcuna vergogna – e senza alcuna vergogna di chi li accompagna – vuole rappresentare attraverso se stesso i personaggi che tutti noi amiamo.
Sto parlando, ovviamente, degli amati/odiati cosplayer.
Andrebbe scritto un trattato di 900 pagine a proposito dei cosplayer.
Penso che siano ciò che i giapponesi hanno voluto regalare all’umanità per farsi perdonare della scomodità delle bacchette.
Sommariamente, li divido in tre categorie principali:
Ci sono i cosplayer di livello superiore, quelli che hanno trascorso mesi a lavorare su vestito, trucco ed accessori, che praticamente diventano protagonisti delle bacheche facebook, twitter ed instagram di tutta Italia.
Quelli di livello intermedio, che magari non hanno fatto il vestito a mano, magari lo hanno comprato, ma interpretano bene il loro personaggio e la gente strepita per strada come se qualche divinità fosse scesa in terra.
E poi ci sono i poracci (come me, tra l’altro) che ci mettono cuore ed anima e spesso tanta simpatia e vincono comunque l’amore dell’intera fiera.

(un abbraccio…)

Chi fa cosplay lo sa: è una dimostrazione d’amore imperituro, le cui soddisfazioni pagano abbondantemente i tacchi alti, i vestiti scomodi ed ingombranti, il freddo o il caldo, a seconda della temperatura ambiente e del cosplay in questione (es. Jon Snow al sole o la principessa Leia in bikini all’ombra di Novembre).

Non possono mancare, con tutto il mio piccolo ma appassionato cuoricino, i complimenti all’organizzazione che, quest’anno (oso dire molto meglio dell’anno scorso), ha dato il meglio di sé per rendere molto più che vivibile una manifestazione di tali dimensioni (sempre i 220.000 di cui sopra. Ci tengo a ricordarvelo).

Insomma, dov’è che voglio arrivare?
Perché tutto questo entusiasmo, se il sogno di chiunque si perde oltreoceano, al tanto agognato Comic-con di Los Angeles, che può vantare gli ospiti più famosi di serie TV, film ed anteprime?
Fermi tutti: come ho detto, ci sarà un motivo se il Lucca Comics ad Games è la prima fiera del fumetto in Europa e tra le prime del mondo.

Può sembrare strano, certo.
L’Italia è piccola e, da diversi punti di vista, arretrata per quanto riguarda questo tipo di eventi. Solo negli ultimi anni queste fiere hanno preso piede in tutta la penisola (vedi Romics, vedi Etna comics eccetera eccetera).

Molti di voi penseranno che sia una pallidissima imitazione di ciò che in America esiste da anni. Ma, come sempre, si tratta solo di una percezione distorta.

Possiamo noi, poveri mortali, paragonarci al Comicon di Los Angeles?
Sì, possiamo.
Nel nostro piccolo, abbiamo ciò che agli americani manca e mancherà sempre: la bellezza e la storia delle nostre città, indiscussi patrimoni dell’umanità (con o senza cosplayer).
La città di Lucca, in particolare, grazie alle sue dimensioni e la sua architettura permette la perfetta fusione tra questi aspetti e quelli della convention.
Permette a manifestazioni del genere di avere luogo non solo in freddi padiglioni temporanei, ma anche nel centro storico, sulle mura e tra i vicoli di una delle regioni più belle di Italia. Per non parlare delle mostre del fumetto nel Palazzo Ducale: quanti di voi hanno alzato gli occhi dalle tavole esposte, verso il soffitto, di una bellezza artistica da rimanere senza fiato?
Una magra consolazione, probabilmente, rispetto a ciò che ci viene presentato ogni anno oltreoceano, ma che la rende un’esperienza unica, e non solo una brutta imitazione.

Ad ogni modo, ci vediamo l’anno prossimo! Live long and prosper!

 

P.S.: a chiunque fosse interessato – e non lo avesse già fatto – consiglio la lettura di un libro della Plesio Editore: “Questo non è un romanzo fantasy” scritto da Roberto Gerilli, ambientato appunto al Lucca Comics and Games.

Avvertenze: può provocare una voglia smisurata di partecipare alla fiera e cantare la sigla di Devilman.