Pablo Larraín ci conduce nel mondo intimo e drammatico di Maria Callas con il suo nuovo biopic Maria, che esplora gli ultimi giorni di vita della celebre cantante lirica, offrendo una visione profonda delle sue contraddizioni e della sua vulnerabilità. Lungi dall’essere una semplice ricostruzione biografica, Maria si addentra nell’essenza di una figura che, nonostante la grandezza e la fama, ha sempre convissuto con una profonda fragilità.

Uno dei punti di forza di Maria è indubbiamente il cast. Angelina Jolie, nel ruolo della protagonista, regala una performance straordinaria, poiché con precisione e sensibilità riesce a incarnare tanto la maestosità quanto la vulnerabilità della cantante, catturando ogni sfumatura della sua personalità. Fin dall’inizio del film il personaggio di Callas appare fragile, spezzato dalle pressioni esterne e dalla sua stessa ricerca della perfezione. Al suo fianco Pierfrancesco Favino nel ruolo di Ferruccio, maggiordomo che vive in bilico tra dovere professionale e affetto personale per la sua padrona.

MARIA - Actress Angelina Jolie (Credits Pablo Larraín)
MARIA – Actress Angelina Jolie (Credits Pablo Larraín)

A differenza di altri film di Larraín come Ema, Spencer e Jackie in cui lo sguardo registico è più penetrante, Maria si distingue per un approccio cauto e minimale, quasi come se il regista volesse evitare di sovrapporsi all’enorme figura della Callas. La narrazione scorre con placida naturalezza, eppure riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore grazie al suo tono commovente e nostalgico. Il ritmo non è incalzante, ma non c’è scena che non sia densa di significato e ciò permette allo spettatore di assaporare ogni momento senza mai sentirsi sopraffatto. I dialoghi, brillanti e incisivi, contribuiscono in modo decisivo alla costruzione delle relazioni e delle dinamiche tra i personaggi, evitando forzature e retorica.

In un film su Maria Callas, la musica gioca ovviamente un ruolo centrale. Le celebri arie della cantante lirica accompagnano lo spettatore in un viaggio ricco di emozioni, ma è nell’atto finale che la colonna sonora raggiunge il suo apice. L’atto infatti si intitola An Ending (Ascent), esattamente come il brano di Brian Eno che fa da sottofondo all’ultima inquadratura e che chiude la pellicola con eleganza e malinconia.

La scenografia è un altro elemento di spicco di Maria. La Parigi degli anni Settanta, con i suoi caffè e boulevard, viene ricreata con grande fedeltà, offrendo un contesto visivo perfetto per la narrazione. Tuttavia, la città non è mai invadente: resta sullo sfondo, lasciando spazio ai personaggi di rivelarsi in tutta la loro complessità. Anche il montaggio contribuisce a rendere il film un’esperienza fluida e avvolgente, permettendo alle dimensioni temporali e immaginative di sovrapporsi senza frizioni.

Maria è un’opera che non si limita a raccontare pedissequamente la vita di Maria Callas, ma la esplora in tutta la sua profondità, con rispetto e delicatezza. Grazie a una regia raffinata, un cast straordinario e una narrazione ricca di sfumature, Pablo Larraín regala al pubblico un film toccante e memorabile che non si esaurisce nel banale omaggio alla più grande diva della lirica, ma si eleva a potente introspezione su una donna divisa tra la perfezione artistica e quella fragilità umana che l’ha resa ancor più immortale.

Recensione di Stefano Cazzaro