Riflessione fandom (e non solo) su Saint-Narcisse, il film vincitore della Graffetta d’oro ai fanheart3 awards 2020 (con introduzione speciale della giurata Francesca Bulian)


Quando il film Saint-Narcissevincitore della Graffetta d’Oro ai fanheart3 Awards 2020 – è stato presentato alla mostra di Venezia, il suo regista Bruce LaBruce ha raccontato che il primo titolo, provvisorio, doveva essere un altro: Twincest.

Questa parola, sola, suona familiare al frequentatore medio di Ao3, avvezzo a disclaimer simili – anzi è noto che nelle fan fiction, più si toccano temi ritenuti “borderline”, più certi avvertimenti a inizio storia devono essere subito chiari e necessari. E Saint-Narcisse, che di temi borderline ne tocca parecchi, ha come suo perno gravitazionale esattamente il twincest: è a tutti gli effetti una storia di ricongiungimento/attrazione/amore tra due fratelli gemelli.

Félix-Antoine Duval in Saint-Narcisse
L’attore Félix-Antoine Duval, protagonista del film Saint-Narcisse nel doppio ruolo dei gemelli Dominic e Daniel

Nel leggere la sinossi del film, a molti dei selezionatori per il premio fanheart3 awards si sono subito drizzate le antenne: almeno sulla carta, la pellicola suggeriva un vistoso potenziale per diventare a suo modo un cult. Ma è stato solo visionandolo davvero, e scoprendo il modo con cui veniva raccontata quella storia, che la Giuria ha capito quanto il film meritasse la sua Graffetta.

Quest’opera ha riportato alla memoria a tutti noi quello che è il meglio della fan literature, capace spesso di sostenere contenuti che sarebbero trasgressivi oltre limite sulla carta usando l’arma dell’ironia.

Oggi uno dei nostri giurati, Antonino Crisafulli, presenta in questa sede una lettura molto interessante rispetto ai complicati rapporti amorosi e sessuali all’interno del film, assieme ai loro simboli e tematiche, e ci illustra come il tema dell’“incesto tra gemelli” non è solo centro del racconto, ma suo motore risolutivo, capace di spezzare una sorta di gabbia che, in maniera differente, opprime i due personaggi.

Com’è possibile? Leggete qui:

“Saint-Narcisse” e il ribaltamento del tabù dell’incesto

!ATTENZIONE: IL PRESENTE ARTICOLO CONTIENE SPOILER SUL FILM!

Poster di Saint-Narcisse diretto da Bruce LaBruce

Canada, 1972. Dopo la morte della nonna, il giovane Dominic trova delle lettere che testimoniano che sua madre, che credeva morta, è ancora in vita. In sella alla sua moto parte alla volta di quello che possiamo definire un viaggio alla scoperta di se stesso e delle sue radici, che lo porterà in una casa nel bosco, alla periferia del villaggio di Saint-Narcisse, in cui la madre abita con una giovane donna. Nei dintorni è presente anche un monastero, all’interno del quale uno dei giovani monaci, che somiglia particolarmente a Dominic, riceve le privilegiate “attenzioni speciali” dell’abate.

Nonostante il film sia girato in digitale, la fotografia di Michel LaVeaux richiama volutamente gli anni Settanta, accompagnata dalle suggestiva colonna sonora di Christophe Lamarche-Ledoux, al tempo stesso solenne e parodica; con questi espedienti cinematografici, e con l’inserimento di iconici elementi scenici (polaroid, giacche di pelle, motocicletta, occhiali da sole), il regista Bruce LaBruce ricrea l’atmosfera degli anni dell’amore libero, contesto necessario per far evolvere una trama che, in fin dei conti, racconta la modernità.

Narcisista cronico, il giovane Dominic appare fin dalle prime scene vittima di una sessualità cortocircuitata, fine a se stessa: la prima scena del rapporto sessuale in lavanderia, che si scopre essere solo immaginata, con l’elemento tragicomico del pubblico presente dietro un vetro, culmina con l’orgasmo del protagonista che incrocia lo sguardo del suo alter-ego.

Ecco apparire, sin da subito, l’elemento narcisista, il godimento autoerotico che non lascia spazio all’eccitazione eterodiretta. L’Altro da sé non ha voce in capitolo nel godimento del narcisista, appare solo in funzione di pubblico, di osservatore non partecipante del suo godimento. Ma quando tra i passanti Dominic scorge il suo doppelganger, il godimento raggiunge il culmine, e la fantasia erotica del “godere di sé” si fa strada verso la sua concreta realizzazione.

Bruce LaBruce vede nel mito di Narciso un ritorno alla contemporaneità dei social media: l’ossessione di apparire, di apparire diversi, come la versione migliore, seppur falsata, di sé; l’egoismo del culto della persona, l’ossessione per la propria immagine… non sono forse gli autoscatti con la polaroid di Dominic dei selfie ante litteram?

Ma cosa accade, nel frattempo, nel monastero? Mentre Dominic si crogiola nel suo autoerotismo, iniziamo a scorgere degli spezzoni della vita monastica del suo doppelganger, Daniel (entrambi i personaggi interpretati dall’affascinante Félix-Antoine Duval).

Tra i due, Daniel appare sin da subito come l’elemento forte della coppia: giovane e ribelle, non si fa scrupoli nel violare le regole imposte dall’autorità del monastero: Padre Andrew. Ma è proprio con quest’ultimo che Daniel ha instaurato una relazione sessuale malsana ai limiti della co-dipendenza. L’abate, infatti, ha cresciuto Daniel eleggendolo a suo “prescelto”, considerandolo la reincarnazione del venerato martire San Sebastiano.

Il rapporto tra i due appare controverso. Da un lato abbiamo un Padre Andrew forte e dominante, che mescola follemente la devozione al martire con la sottomissione sadomaso del giovane monaco, ma al tempo stesso dipendente affettivo nei confronti di Daniel; dall’altro abbiamo lo stesso Daniel, che ha conosciuto l’amore e la sessualità come un’imposizione dall’alto, senza mezzi termini, cresciuto nella convinzione che l’amore sia dipendenza e prevaricazione.

In Saint-Narcisse, il mito di Narciso e l’iconografia gay legata alla figura di San Sebastiano (ricordiamo il “San Sebastiano” di Guido Reni, considerato dalla comunità LGBT un’icona della sensualità e fisicità omoerotica) fanno da sfondo ad una storia in cui il riflesso di sé e la tematica del doppio assumono una valenza anomala.

Tutti i personaggi coinvolti sono costretti a confrontarsi con il proprio alter-ego, ma le polarità antitetiche presentate non risultano mai rigide: personaggi fluidi e dinamici si muovono lungo dei continuum di forza/fragilità, dominazione/sottomissione, autonomia/dipendenza, senza mai definirsi del tutto; una danza narrativa che richiama la filosofia dello Yin&Yang. Ogni elemento della diade non solo non può fare a meno dell’altro, ma ne custodisce una parte, e si ridefinisce di volta in volta in funzione di essa.

Il mito di Narciso è l’espediente narrativo che il regista usa per suggerire una via d’uscita dall’amore cortocircuitato.

Il punto di rottura delle singole trame, nonché di unione tra le due, è la scena in cui Dominic si specchia nel lago, come il Narciso di Caravaggio, ma voltandosi scopre che il riflesso che stava fissando non appartiene a lui. In questo modo le realtà dei due gemelli, separati alla nascita, si fondono in un’unica realtà, culminando in un’intensa scena di sesso.

L’espediente narrativo ironico dell’incesto, come via di fuga da due forme d’amore malsane, seppur diverse (l’amore autodiretto di Dominic e l’amore molesto e imposto dall’alto di Daniel), rende il momento tragicomico.

Dominic scopre un modo tutto nuovo di godere di sé, veicolando il suo sentimento  verso un sé alternativo (il suo gemello mai conosciuto, perduto e ritrovato); Daniel scopre che l’amore non è imposizione, ma consenso.

La chiave di lettura ironica di Bruce LaBruce ci costringe ad una riflessione necessaria: se può sembrare assurdo che una storia d’amore parli di una relazione omoerotica tra due gemelli, leggerla come alternativa a due modelli d’amore malsano che ruotano intorno all’autoerotismo cronico e all’abuso, ne sottolinea l’aspetto curativo. Il contesto evocativo degli anni dell’amore libero diventa quindi necessario specchio della modernità.

Le protagoniste femminili di Saint-Narcisse

Ma manca ancora un elemento, un chiaro riferimento alla risoluzione del complesso edipico freudiano, che veicola il tema del ricongiungimento familiare. L’uccisione di Padre Andrew, che consente ai due protagonisti di riconsiderare un nuovo concetto di “Famiglia”. L’abate, infatti, non è solo l’unico riferimento a una (deplorevole) figura paterna. La sua uccisione può essere considerata la sconfitta del patriarcato, vera risoluzione della trama, che può evolvere nel finale dai tratti volutamente comici: il tema del ricongiungimento familiare dei due giovani gemelli con la madre e la compagna (nonché figlia dell’ex-compagna defunta), in un contesto poliamoroso in cui vengono messi insieme i pezzi di un nuovo quadro familiare, con membri che provengono da (e appartengono contemporaneamente a) altre famiglie. Dal narcisismo e l’abuso, all’incesto, fino a culminare nella relazione poliamorosa, il lieto fine “alternativo” auspica un’immortalità dei concetti di consenso e libertà, coniugando il verbo dell’amore all’infinito.

di Antonino Crisafulli,
giurato per la seconda edizione dei fanheart3 awards