Ci sono storie che nascono silenziose, tra le montagne innevate e le valli isolate, dove il tempo sembra scorrere più lentamente, e i drammi della vita si intrecciano in modo invisibile con il paesaggio. Vermiglio, il nuovo film di Maura Delpero, è una di quelle storie. Ambientato nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale, la pellicola segue il ciclo delle stagioni, ma è nei cuori dei protagonisti che si combattono le vere battaglie: tra speranze infrante, amori perduti e una pace familiare che sembra allontanarsi proprio quando il mondo la ritrova.

La famiglia Graziadei, infatti, vede il proprio equilibrio sconvolto dall’arrivo di Pietro, un soldato tornato dal fronte. È in questo momento che Lucia, interpretata con intensa sensibilità da Martina Scrinzi, si innamora di lui. Il loro legame evolve rapidamente, portandoli al matrimonio e alla nascita di un figlio. Scrinzi cattura magnificamente la trasformazione di Lucia: da giovane innamorata e piena di speranza a moglie e madre depressa e disillusa, segnata dalle difficoltà di un amore che all’improvviso rivela crepe profonde. 

Al suo fianco c’è la sorella Ada, interpretata da Rachele Potrich, che affronta un percorso altrettanto complesso cercando disperatamente di guadagnarsi l’approvazione del padre Cesare, capofamiglia e insegnante severo. Tommaso Ragno riesce a donare al personaggio una profondità che va oltre l’apparente rigidità: il suo Cesare è un uomo diviso tra la devozione alla missione educativa e il peso delle responsabilità familiari, con una sottile inquietudine portata in scena con grande maestria. L’evoluzione dei personaggi, come si può intuire, è uno dei punti di forza della narrazione, ma non sempre porta a una maggiore complessità. Rimanendo nell’esempio di Cesare, la depressione della figlia Lucia sembra non influenzarlo profondamente, il che, a lungo termine, contribuisce a rendere il personaggio leggermente monodimensionale.

Il comparto tecnico merita una menzione d’onore. La fotografia di Mikhail Krichman è intima e potente e restituisce tanto la bellezza fredda della vallata quanto l’alienazione interiore dei personaggi. Le case degli allevatori, i luoghi di incontro e le aule scolastiche sono elementi di una scenografia che diventa parte integrante della narrazione, arricchendo il quadro emotivo del film. La colonna sonora, che include i Notturni di Chopin e Le quattro stagioni di Vivaldi, è sapientemente integrata nei momenti più significativi. Questi brani non solo esaltano l’eleganza visiva dell’opera, ma rendono alcune scene particolarmente emozionanti, come quella in cui Cesare fa ascoltare ai suoi alunni L’estate di Vivaldi, commentando il celebre concerto per renderlo accessibile a giovani che si esprimono principalmente in dialetto trentino e trascorrono le giornate aiutando i genitori nei lavori umili.

Il ritmo della pellicola è un altro aspetto degno di nota, poiché si mantiene costantemente alto. Dopo un primo momento in cui Maura Delpero sembra voler disorientare lo spettatore, le scene che seguono catturano sempre di più l’attenzione, non tanto per la curiosità di scoprire esiti inaspettati, quanto per il desiderio di esplorare le molteplici sfaccettature di una storia semplice ma avvincente, costellata di personaggi ricchi di umanità. 

Vermiglio penetra nell’anima delle comunità silenziose, trasportando lo spettatore in un microcosmo dove le vicende storiche si intrecciano con le intime esperienze di vita. Con un cast straordinario, una regia raffinata e un comparto tecnico di alto livello, il film si presenta come un affresco vibrante e autentico della fragilità umana in uno dei periodi più complessi della nostra Storia, lasciando lo spettatore con un senso profondo di empatia e una consapevolezza acuta delle tensioni e delle speranze che caratterizzano la vita quotidiana di chi vive in tempi di incertezza.