A un mese dalla messa in onda dell’ultimo episodio di The Magnus Archives, Last Words, fanheart3 incontra Jonathan Sims per parlare del podcast e del suo incredibile fandom.

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Un paio di anni fa stavo frugando tumblr alla ricerca dei soliti approfondimenti sulla difficile vita dei fan di Supernatural, quando ho iniziato ad imbattermi in una serie di post che parlavano del medesimo fandom. Un fandom che – con mia somma vergogna – non avevo mai sentito nominare prima, chiamato The Magnus Archives

Come faccio tutte le volte in cui mi succede una cosa così, sono corsa dalla mia risorsa principale di informazioni sul mondo dei fan, la collega a fanheart3 Cristina, per chiederle cosa fosse tutto questo trambusto attorno a quello che avevo capito essere un podcast. 

Ricordo ancora come i suoi occhietti si sono illuminati d’immenso e, con voce sognante, ha iniziato a raccontarmi di questo “fantastico podcast a tema horror”, di come stavano tutti impazzendo per i suoi contenuti un po’ inquietanti e un po’ romantici e di quanto i personaggi fossero diversi e perfetti e “Agnese, devi proprio ascoltarlo, te ne innamorerai!”

Ho ovviamente fatto un giro su AO3, prima di iniziare: c’erano letteralmente migliaia di fanfiction su The Magnus Archives. Gli unici due casi in cui avevo visto qualcosa del genere accadere prima, con un podcast, erano stati Welcome to Night Vale e la trasmissione radiofonica della BBC Cabin Pressure (che – oltre ad essere divertentissima – aveva dalla sua la presenza di Benedict Cumberbatch). Entrambi, però, non si avvicinavano neanche lontanamente al numero di storie scritte dai fan di The Magnus Archives, fino a quel momento (ad oggi, 19 di Aprile 2021, le fanfiction sono 14.591…).

Dieci minuti dall’inizio del primo episodio avevo già capito quanto grandiosa fosse questa produzione. Per la fine della prima stagione stavo già condividendo teorie in giro, shippando come una matta i personaggi principali e usando una fanart di Jonathan Sims diversa ogni settimana come screensaver del cellulare. 

Che non si dica che facciamo le cose a metà, noi fan.

fanheart3 the magnus archives i regret nothing

Connettere gli autori con l’audience, The Magnus Archives way

Per quelli che non hanno ancora ascoltato questo podcast, The Magnus Archives racconta del “Magnus Institute, un’organizzazione che si occupa di fare ricerca su fenomeni esoterici e strani”. Il nuovo capo archivista, Jonathan Sims, “cerca di mettere ordine in una collezione apparentemente trascurata di dichiarazioni su incontri soprannaturali, convertendole in audio e integrandole con quanto il piccolo ma dedicato team riesce a scoprire in merito. Prese da sole, queste dichiarazioni sono inquietanti. Ma messe tutte assieme cominciano a formare un quadro assolutamente terrificante, perché mentre l’archivista e i colleghi guardano nelle profondità degli archivi, qualcosa comincia a guardare loro…” (traduzione della sinossi ufficiale)

Un mese fa, il 25 marzo, The Magnus Archives si è concluso con l’episodio numero 200. Un momento talmente importante che Old Gods of Appalachia, il podcast che avrebbe dovuto mandare in onda la sua nuova puntata proprio quella sera, ha spostato la programmazione ad un giorno diverso “in riconoscimento del finale di The Magnus Archives” (qui potete trovare la news).

Questo finale è stato un finale potente, drammatico, una montagna russa di emozioni che ha lasciato i fan in lacrime per giorni interi. 

Per celebrare questi cinque anni di cammino assieme, Rusty Quill, la casa di produzione di The Magnus Archives, ha accompagnato i fan all’ultimo episodio (e a sopravvivere alla vita dopo di esso) creando innumerevole materiale extra sulla serie, promuovendo campagne twitter che coinvolgessero i fan stessi (come quella dedicata alle #MagnusMemories, un invito per gli appassionati a condividere i propri ricordi sullo show), annunciando concorsi speciali dedicati alle fanart (qui, ad esempio) e, ancora, producendo una t-shirt in edizione limitata per quanti sono rimasti con The Magnus Archives fino alla fine. 

“I was there at the end”, la t-shirt per celebrare il finale di TMA
(immagine presa dalla pagina Facebook ufficiale)

Proprio per questo The Magnus Archives non è solamente un’efficace narrazione e personaggi e un mondo che possono affascinare anche chi non appartiene a comunità di fan o si ritrova ad ascoltare un podcast per la prima volta. 

Questo programma e, con esso, l’approccio che Rusty Quill ha in generale alle proprie produzioni è soprattutto un bellissimo esempio – uno dei migliori offerti dai media negli ultimi anni – di come sia possibile costruire una relazione rispettosa ed onesta fra autori / scrittori e l’audience che li segue. 

In un’epoca in cui i social media rendono ancora più semplici fenomeni come il fan service, e in cui molte produzioni giocano sulle speranze dei fan e su tematiche di rilevanza sociale esclusivamente allo scopo di aumentare il proprio pubblico, quello che Rusty Quill fa è sì chiamare a raccolta la propria comunità di fan per essere supportati, anche economicamente, nel proprio lavoro (ad esempio tramite Patreon), ma al tempo stesso offrire una storia che è sempre fedele a se stessa.

E’ una storia che segue la sua direzione prestabilita e va dritta fino alla fine, ma che viene raccontata da persone che non mancano mai di dare valore ai fan e riconoscere apertamente il meraviglioso lavoro creativo che questi sviluppano per sostenerla a loro modo. 

Questo articolo ne è un po’ una dimostrazione: quando abbiamo contattato la Rusty Quill per richiedere un’intervista a Jonathan Sims, scrittore e interprete principale di The Magnus Archives nel ruolo dell’Archivista, la disponibilità e l’entusiasmo dimostrati all’idea di parlare del fandom dietro questo podcast sono stati immediati. Ed ecco dunque quello che Jonathan ci ha raccontato sulla fantastica relazione che lega Rusty Quill alla sua comunità dei fan.

Dietro le scene con lo scrittore Jonathan Sims

AGNESE – Iniziamo dalla fine: il 25 marzo 2021 è andato in onda, quasi esattamente 5 anni dopo la prima puntata, l’ultimo episodio di The Magnus Archives. Che cosa  ha voluto dire per te arrivare a questo momento? 

JONATHAN SIMS – Sono stato parecchio sollevato, credo, ma per via del modo strano in cui funzionano la scrittura e i tempi di produzione in realtà avevo già finito di scrivere l’episodio da tre mesi e l’avevamo già registrato da due. C’era ancora così tanto materiale da creare per il post-finale che più di tanto non ho percepito quel momento come la fine di tutto.

Certo sono stato molto contento della reazione dei fan – è stata estremamente positiva e mi è sembrato che il finale abbia davvero risuonato con la maggior parte degli ascoltatori. Ovviamente, con il peso di 200 episodi e un fandom enorme sulle spalle, il finale non poteva essere all’altezza delle aspettative di tutti, ma non potrei essere più felice di come è andata.

Mi affascina molto la situazione post-Season 5, quando l’apocalisse se ne va […] immagino che sarebbe ciò su cui svilupperei una mia ipotetica fanfiction. 

A. – 200 episodi… è stato davvero un lungo viaggio. La campagna #MagnusMemories ha in qualche modo aiutato i fan a condividere quello che ha significato per loro. Ma quali sono le tue più care memorie associate ad esso? 

J. S. – Probabilmente tutti i diversi posti in cui siamo finiti a registrare, specialmente nei primi tempi: ficcare i miei amici sotto le coperte a sudare durante le scene della Stagione 1, o mettere mia madre in un corridoio del tredicesimo piano in un grattacielo di Hackney, illuminato da una strana lampada da discoteca girevole. Passare il sabato mattina a registrare con gente fantastica e collaboratori incredibili è sempre stata una delle cose più belle. 

A. – Povera mamma! Scommetto che quella è una selle SUE #MagnusMemories… Nel primo Q&A di The Magnus Archives, avevi accennato al fatto che esisteva già un piano prestabilito per la storia – una delle ragioni per cui l’audience l’ha amata così tanto. Ora che siamo arrivati alla fine e che puoi guardarti indietro: ci sono stati momenti in cui hai desiderato fortemente esplorare una direzione diversa e portare la storia altrove? 

J. S. – Non credo ci siano stati momenti in cui abbiamo desiderato cambiare la direzione generale o la destinazione della storia.

Il piano iniziale era piuttosto scarno, uno scheletro della struttura che avevamo in mente, e abbiamo riempito molti degli spazi man mano che andavamo avanti. Ci sono state molte piccole idee che abbiamo poi scartato lungo la strada (l’arco della stagione 4-5 dell’Archivista era molto meno comprensivo nei suoi confronti nella concezione iniziale che avevamo, per esempio), ma non credo che ci sia mai stato un momento in cui abbiamo davvero avuto la tentazione di cambiare la direzione del racconto. 

Sia io e Alex, a livello di scrittura, siamo persone piuttosto concentrate sull’aspetto strutturale, quindi una volta che abbiamo un piano tendiamo ad attenerci ad esso.

A. – Curiosità: se dovessi scrivere la tua fanfiction su The Magnus Archives, oggi… di cosa parlerebbe? 

J. S. – Mi affascina molto la situazione post-Season 5, quando l’apocalisse scompare. Trovo l’idea di un mondo che ha subito questo enorme trauma soprannaturale e che ancora lo ricorda estremamente interessante. È un tema così al di fuori della storia principale di The Magnus Archives che non potremmo affrontarlo pienamente nella serie vera e propria, quindi sì, immagino che sarebbe ciò su cui svilupperei una mia ipotetica fanfiction. 

A. – Una delle cose più incredibili di The Magnus Archives è l’innumerevole patrimonio di creazioni artistiche dei fan che questo podcast ha ispirato. Quando ti sei reso conto che stava avendo un impatto così significativo sulla comunità dei fan? 

J. S. – Credo di aver realizzato verso la fine della terza stagione quanto ampia fosse la comunità di fan che The Magnus Archives era riuscito a creare e quanto importante questa produzione fosse diventata per così tante persone. 

Nel corso delle prime stagioni mi divertivo tantissimo a interagire con il fandom e la comunità, ma una volta che raggiungono una certa ampiezza e devozione, credo sia impossibile continuare a sviluppare questo genere di interazione per un autore e per questo ho fatto un passo indietro, diciamo, dal coinvolgimento diretto con il fandom nel corso delle ultime due stagioni. 

A. – Le attività di raccolta fondi e di beneficenza a cui hai lavorato sono state molto sostenute dall’intera comunità di fan. Puoi dirci qualcosa sui successi più rilevanti per voi da questo punto di vista?

J. S. – Rusty Quill Gaming & Giving è ovviamente l’attività di beneficenza più significativa in cui siamo stati coinvolti e una incredibilmente divertente, ma la portata del nostro pubblico fa sì che le raccolte di fondi e in generale la beneficenza siano sempre molto gratificanti ovunque le proponiamo. Alla fine, ciò che è importante è cercare di usare la propria piattaforma per fare del bene materiale per quanto sia possibile ed è qualcosa che dà davvero soddisfazione.

A. – L’idea di creare un Censimento delle persone che lavorano a Rusty Quill è un buon esempio della vostra sensibilità nel cogliere i cambiamenti sociali e le esigenze che caratterizzano il nostro tempo. Tuttavia, in alcuni casi può essere difficile tracciare un confine tra una scelta che vuole e deve essere narrativa e la necessità di affrontare certi argomenti con la giusta delicatezza. Come avete bilanciato questi aspetti? 

J. S. – La maggior parte delle sfide che abbiamo affrontato a riguardo sono state le stesse di qualsiasi lavoro del genere horror, che raggiunge il suo apice quanto più riesce ad esplorare argomenti oscuri o sconvolgenti. Ma questo comporta anche certi rischi. 

Penso sia molto importante prestare una grande attenzione al modo in cui si trattano argomenti cupi e stare attenti a non cadere in tropi banali o dannosi, così come è necessario lavorare con lettori sensibili che possano aiutarti a comprendere meglio i tuoi punti ciechi o a trattare cose che sono al di fuori della tua esperienza diretta. 

Alla fine, ci sono cose che alcune persone semplicemente non si sentiranno mai a proprio agio ad ascoltare, però, e proprio per questo ritengo sia fondamentale mettere delle specifiche avvertenze di contenuto sulla narrativa horror, in modo da dare la possibilità al pubblico di evitare quei temi da cui vuole tenersi alla larga. 

Quello che vedo nel futuro dello storytelling è che gli esseri umani continueranno a raccontare storie e a trovare modi per trasformare ogni nuovo media in uno strumento per farlo.

A. – Quali sono i tuoi futuri progetti? 

J. S. – Il mio romanzo Thirteen Storeys è in uscita ora, ed è prevista l’uscita di un secondo libro più avanti nel corso dell’anno. Abbiamo poi in produzione un sacco di design di giochi da tavolo che io e la mia partner Sasha abbiamo pubblicato tramite MacGuffin & Co.

A. – I podcast stanno diventando sempre più rilevanti come medium per raccontare storie, al punto che anche film festival molto conosciuti come il Tribeca hanno iniziato ad accettare candidature di podcast per il 2021 (x). Qual sarà il futuro dello storytelling a tuo parere? 

J. S. – Quello che vedo nel futuro dello storytelling è che gli esseri umani continueranno a raccontare storie e a trovare modi per trasformare ogni nuovo media in uno strumento per farlo. I podcast sono uno strumento narrativo fantastico ma nella loro forma attuale devono la maggior parte del loro DNA ad un secolo di affascinante storytelling radiofonico. 

Trovo che i nuovi modi più avvincenti di raccontare storie, specialmente nello spazio horror, tendano ad essere il lavoro sperimentale semi-live e semi-ARG (alternate reality game) che viene fatto integrando video internet e social media. 

Nel complesso, però, penso che la lezione che ho imparato sia che anche se ogni mezzo ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, le cose che rendono una storia buona e interessante sono sempre le stesse.

A. – Tu sai bene cosa vuol dire essere un fan di qualcosa e l’abbiamo visto in molte delle tue produzioni. Se dovessi riassumere quello che essere fan ha significato per la tua vita e il tuo lavoro, cosa diresti? 

J. S. – Quello che è strano per me, a titolo personale, è che essere fan è una cosa che ho sempre fatto da solo. Crescendo, ero io quello che si lasciava cadere nella tana del coniglio e si lasciava risucchiare da un nuovo media; quello su cui mi concentravo era quasi esclusivamente la relazione che creavo con esso.

Non ho mai davvero interagito nè visto il fandom come un momento comunitario o sociale, il che penso sia in gran parte il motivo per cui molte delle correnti e delle dinamiche all’interno di questa comunità mi hanno sorpreso quando è esploso The Magnus Archives. 

A. – …Un’ultima parola per i fan?

J. S. – Grazie per questo giro da paura. 


The Magnus Archives è un podcast diretto e prodotto da Alexander J Newall e scritto e interpretato da Jonathan Sims. Potete recuperare gli episodi di The Magnus Archives sul sito ufficiale di Rusty Quill e nelle principali piattaforme di streaming musicale.

Cogliamo l’occasione per ringraziare Jonathan Sims per aver condiviso tutto questo con noi e il team di Rusty Quill, in primis Alexander J. Newall, per aver donato a tutti noi fan una storia che ha alimentato i nostri sogni e la nostra immaginazione.  

Un grazie anche a voi, la comunità di fan, per tutto il materiale che avete creato – e state ancora creando – per permettere a The Magnus Archives di vivere per sempre: vi siamo debitrici!

E infine, un ringraziamento speciale alla fan che più di tutti ci ha aiutato con questa intervista: Juls SK Vernet, questo articolo è per te, che ci hai aiutato a ricostruire la storia di questo fandom e a scoprirne i momenti più memorabili. All the awards to you!


Agnese

Presidente, autrice. "The only way to be happy is to love. Unless you love, your life will flash by" The Tree of Life, 2011