Dopo l’uscita di Chernobyl, miniserie targata HBO/Sky Atlantic, l’Ucraina apre la zona di esclusione ai turisti. E al contempo la Russia rosica.


Posso dire con certezza che chi non ha idea di cosa sia Chernobyl, o lo sa ma non l’ha mai guardata nella sua interezza, si è perso una delle migliori serie TV dopo Breaking Bad (almeno secondo Rotten Tomatoes). Oltre che al più fulvido esempio di “ancora di salvezza” per la HBO dopo la tanto discussa stagione finale di Game of Thrones, che ha superato il criticatissimo LOST per mole di scontenti.
Serve del talento.

LOST, stagione 3 episodio 22 “Attraverso lo Specchio”

Chernobyl nasce dalla penna di Craig Mazin e racconta, in 5 puntate al cardiopalma, il disastro della centrale nucleare V.I. Lenin, avvenuto il 26 aprile del 1986.

Merita di essere vista non solo per la qualità, con ambientazioni e personaggi fedelmente ricreati, ma anche per la precisione con cui ci vengono raccontati i fatti di quella notte e dei giorni successivi, frutto di anni di ricerche. Il cast non fa che aggiungere credito al merito: Emily Watson, Stellan Skarsgård e un fenomenale Jared Harris ci accompagnano passo per passo nell’intrigo di errori e bugie che ha causato uno dei più gravi disastri nucleari della storia umana. La narrazione poi non delude, mettendoci davanti al fatto compiuto già nei primi minuti, senza mezzi termini: il protagonista si suicida in quello che scopriamo poi essere un flashforward, e subito dopo il reattore esplode. Mazin non allunga il brodo, non perde tempo; sembra dire: “questo è quello che succede, volete sapere come è successo?”. Una scelta insolita ma che funziona, eccome.

Valery Legasov (Jared Harris) e Ulana Khomyuk (Emily Watson), Chernobyl, episodio 2 “Please Remain Calm”

Non per nulla la serie è stata acclamata dal pubblico e dalla critica già dopo la prima puntata, guadagnandosi presto una fanbase solida, seppure di nicchia, e donando un prodotto di qualità a coloro che, come me, erano già appassionati dell’evento storico.

Ma non è il solo motivo per cui Chernobyl non smette ancora di far parlare di sé.
La messa in onda della serie – e soprattutto il suo rapido e consistente successo – ha dato seguito due fenomeni importanti: uno riguardante la Russia, l’altro l’Ucraina.
“Cosa c’entrano la Russia e l’Ucraina con una serie TV statunitense?” Se vi siete fatti questa domanda, la risposta è molto. Perché? Beh, ripassiamo un po’ di storia.

La centrale di Chernobyl con la nuova cupola di contenimento, novembre 2016 (SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)

La centrale nucleare V.I. Lenin è stata costruita vicino a Chernobyl – città da cui, per comodità, prende anche il nome – situata in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia. Durante la sua costruzione e successiva attivazione, negli anni ’70, venne costruita anche la città di Pripyat (a soli 3 km dalla centrale) per ospitare gli operai e le loro famiglie.
Nel 1986 questi territori facevano parte della U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), dunque erano sotto amministrazione del governo russo.
Ora, non serve davvero che scriva ciò che è successo, Chernobyl lo spiega già benissimo. Basti solo dire che la centrale è oggi l’epicentro di una zona di esclusione larga 30 km, in cui è assolutamente vietato risiedere e accedervi senza permesso, dovuta al fallout radioattivo dell’esplosione. Quel 26 aprile, e nei giorni e mesi successivi, centinaia di migliaia di uomini furono impiegati per ripulire la zona e mettere in sicurezza il reattore, costruendo il famigerato Sarcofago di cemento che ha lo ha protetto fino al 2016, anno in cui è stato rimpiazzato da una nuova cupola contenitiva che dovrebbe schermare l’unità 4 per altri 100 anni.
In Russia, queste persone sono eroi nazionali. Ed è proprio per questo che Mosca non ha gradito l’opera di Mazin (o il suo successo…?).

La televisione russa ha precisato infatti, poco dopo la fine della serie, che le informazioni in essa contenute fossero “di parte”, e che non fosse appannaggio degli americani raccontare la storia degli eroi russi che si sacrificarono per contenere il disastro.
Hanno inoltre affermato che produrranno una nuova serie su Chernobyl in cui – rullo di tamburi – si scoprirà che l’esplosione è stata causata da spie della CIA. Una teoria risaputa e molto cara al governo russo, ma ampiamente screditata.
Per me, è oro. La aspetto come si aspetta l’ennesimo capitolo di Fast & Furious.

Notizie del tutto diverse arrivano da Kiev, invece.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato l’apertura ufficiale della zona di esclusione al turismo, visto e considerato che dopo l’enorme successo di Chernobyl le prenotazioni di tours nella zona rossa sono salite del 40% rispetto al 2017.
Si poteva visitare la zona di esclusione? Ebbene sì. Dal 2011 è possibile partecipare a tours di una giornata all’interno della zona rossa, previo permesso governativo ucraino. Il costo varia a seconda del tour e dove vi portano, ma rimane sull’ordine delle centinaia di euro.
È sicuro?

Città fantasma di Pripyat (photo credits: naprowmieniowani.pl)

Se si parla di radiazioni in senso stretto, 3 sono i criteri che ne determinano la pericolosità: il tipo di radiazioni assorbite, la vicinanza alla fonte e il tempo di esposizione.
A Chernobyl, la media di radiazioni ambientali si aggira intorno ai 2 µSv/h (micro Sievert per ora). Per dare un termine di paragone, con una lastra al torace se ne assorbono 20.
Gli organizzatori di questi tours sono più preoccupati delle strutture pericolanti che delle radiazioni, dato che tutta l’area è abbandonata da più di trent’anni; inoltre seguono un itinerario preciso lungo le zone di basso rischio radioattivo, tenendosi lontano dagli hot spot, ovvero dai punti dove vi sono elementi fortemente contaminati che causano picchi radioattivi (il più famoso? I sotterranei dell’ospedale di Pripyat, dove furono portate le divise dei pompieri che intervennero per primi dopo l’esplosione e lì abbandonate. Anche solo sulla soglia della stanza in questione, il contatore geiger schizza a 300 µSv/h).

Pripyat, Ospedale 128, sotterranei (photo credit: stilldavid.com)

Se si parla dei turisti in sé e per sé, beh… dipende.
Ci sono delle regole da rispettare per visitare Chernobyl. Innanzi tutto, la zona è circondata da posti di blocco. Le persone vengono perquisite all’entrata e controllate per radiazioni all’uscita (se risultate più radioattivi del dovuto hanno tutta l’autorità di trattenervi per accertamenti). È vietato toccare qualsiasi cosa, raccogliere oggetti (un souvenir radioattivo? Non un’idea brillante), sedersi per terra o appoggiare a terra zaini e attrezzature (anche il treppiede della macchina fotografica). È vietato mangiare, bere o fumare all’aperto. È obbligatorio indossare abiti lunghi e scarpe chiuse.
Purtroppo, però, abbiamo avuto molteplici esempi di “turismo incompetente”. Forse tutti ricordiamo la bravata dello Youtuber americano Logan Paul nella foresta giapponese di Aokigahara, tristemente nota come “foresta dei suicidi”. Un tipo di turismo che luoghi come quello, come Chernobyl, non si meritano.

Un tipo di turismo che ha un nome: Dark Tourism.
Personalmente, sono combattuta sul definire turismo nero quello di Chernobyl. E allora Auschwitz? La casa di Anne Frank, nel pieno centro di Amsterdam? Per assurdo: Pompei?
Ritengo che sia sbagliato definirlo turismo nero se le motivazioni per visitare una zona a rischio, o dove ci sono stati molti morti, sono di natura prettamente storico-culturale. Che ci piaccia o no, Chernobyl ha fatto un pezzo di storia dell’Europa, così come Hiroshima l’ha fatta per il Giappone. Se si visitano con il rispetto dovuto al luogo e alle regole, non ci vedo nulla di male.
Se si visitano per un like, allora forse è meglio evitare.

(A proposito, la docuserie Dark Tourist su Netflix? Non ho mai visto nulla di più forzatamente sensazionalistico dalla terza stagione di Sherlock. A me sono bastate due puntate, ma se volete un esempio di turismo incompetente, adesso sapete dove trovarlo.)


Yoko Hogawa

Articolista. "You knew you could not live with the empty space, so you replaced your heart with metaphors, and set out to create a world where the metaphor was unbreakable. Now look what you have done, you can't breathe so you write." [Mindy Nettifee; "The First Time"]