Tra polemiche ed echi di interesse, arriva in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia il nuovo film di Roman Polanski: J’accuse, un giallo storico sull’affare Dreyfus.

“Tantissimi film che ricostruiscono episodi del passato recente o remoto e con una grande precisione, basandosi su documenti e fatti reali, mettono in nuova luce quello che è successo. […] C’è una volontà di far riflettere sul presente attraverso il passato.”

Queste le parole di Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia, in merito ai film in concorso.

una scena di J'accuse - fanheart3
Una scena dal film (fonte qui)

A Venezia 76 è davvero notevole la presenza di film che richiamano fatti realmente accaduti e che hanno già creato un’eco di interesse.

La riflessione sul passato recente vanta diversi titoli, uno fra tutti: The Laundromat.
Con un cast d’eccezione, Steven Soderbergh dirige l’adattamento di Secrecy World, scritto dal Premio Pulitzer Jake Bernstein.
Attraverso la storia di Ellen Martin – interpretata da Meryl Streep – una vedova che vede la propria vacanza trasformarsi in un viaggio verso la verità, The Laundromat diventa un racconto di corruzione, ingiustizie, portando sullo schermo l’inchiesta Panama Papers, considerata la più grande fuga di notizie di tutti i tempi.

Un fatto di cronaca molto recente, adattamento cinematografico di eventi che continuano ad avere un forte impatto sulla sfera economico finanziaria di tutto il mondo, in ambito di evasione fiscale. 

Tuttavia, se oggi siamo qui a parlare di film storici alla Mostra Cinematografica di Venezia, è perché i riflettori sono puntati su un’altra pellicola e soprattutto sul regista dell’opera: J’accuse di Roman Polanski.

Il regista polacco torna a far parlare di sé, dopo lo scandalo che lo ha visto coinvolto in prima persona, riportato quasi all’ordine del giorno tra i fatti di cronaca, in relazione al movimento #metoo.
Prevedibile la reazione sui social all’annuncio della partecipazione di Polanski alla Mostra, cui sono seguite le dichiarazioni del direttore artistico della Mostra e della Presidente di Giuria, Lucretia Martel.

Durante un’intervista con Variety, parlando di J’accuse, Alberto Barbera ha dichiarato che “si tratta di un film meraviglioso, allo stesso livello de Il Pianista, e che l’unico modo per approcciarsi al film è fare una distinzione tra l’uomo e l’artista.” (Qui il link all’intervista completa)

Non è dello stesso avviso Lucretia Martel, che ha dichiarato “Non separo l’uomo dall’opera. La presenza di Polanski in programma mi ha messo a disagio. […] Io rappresento molte donne argentine che lottano su questo fronte e non voglio alzarmi in piedi ad applaudirlo.”

Si è parlato di un eventuale ritiro dal Concorso, cui è seguita la replica, sempre da parte della Presidente: “non ho alcun pregiudizio nei confronti del film e naturalmente lo guarderò allo stesso modo di tutti gli altri.”. (Fonte: il corriere.it)

Roman Polanski regista di J'accuse- fanheart3
Roman Polanski (fonte qui)

Nonostante le polemiche non accennino a placarsi, J’accuse è e resta uno dei film più attesi della Mostra.

Scopriamo il perché, partendo dalla sinossi ufficiale:

Gennaio del 1895, pochi mesi prima che i fratelli Lumière diano vita a quello che convenzionalmente chiamiamo Cinema, nel cortile dell’École Militaire di Parigi, Georges Picquart, un ufficiale dell’esercito francese, presenzia alla pubblica condanna e all’umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus, un capitano ebreo, accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi. Al disonore segue l’esilio e la sentenza condanna il traditore ad essere confinato sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese. Un atollo sperduto dove Dreyfus lenisce angoscia e solitudine scrivendo delle lettere accorate alla moglie lontana. Il caso sembra archiviato. Picquart guadagna la promozione a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Ed è allora che si accorge che il passaggio di informazioni al nemico non si è ancora arrestato. E se Dreyfus fosse stato condannato ingiustamente? E se fosse la vittima di un piano ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio? Questi interrogativi affollano la mente di Picquart, ormai determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori. L’ufficiale e la spia, adesso uniti e pronti ad ogni sacrificio pur di difendere il proprio onore.

j'accuse di Zola
J’Accuse di Zola (fonte qui)

Uno dei primi aspetti che è emerso alla presentazione della trama ufficiale di J’accuse è stata la presenza di analogie tra la storia raccontata nel film e la vita di Polanski. Un bambino ebreo sfuggito all’Olocausto, diventato un uomo gettato tra le fiamme dell’inferno mediatico per un reato (che, sembra opportuno sottolineare, in questo caso, è stato commesso per davvero.)
J’accuse ha sollevato grande interesse anche per la scelta della tematica: l’odio per il diverso, ormai, ahimè, una costante nella storia di tutti i tempi, inclusi i nostri.
Una pellicola, insomma, che può far riflettere e non limitarsi alla spettacolarizzazione di frammenti di storia mai dispersi nel tempo.

Chiunque di noi abbia frequentato il liceo, ha incontrato tra le “sudate carte” il celebre manifesto di Emile Zola, il cui titolo è proprio J’accuse.
Ricordi confusi tra i banchi di scuola ci riportano a un caso di ingiustizia che non è rimasto l’unico della storia, ma è di certo “il più clamoroso errore giudiziario” dettato, secondo lo stesso Zola, dall’antisemitismo che imperava ai tempi della Terza Repubblica francese.

Il film è tratto dal romanzo An Officer and a spy –  titolo con cui la pellicola uscirà nei paesi anglofoni – di Robert Harris, autore da cui Polanski ha già tratto ispirazione per L’uomo nell’ombra.

An officer and a spy - fanheart3

Il regista e lo scrittore hanno lavorato insieme alla sceneggiatura, dando vita a un film drammatico ma ritmato, proprio come il libro di Harris, diventato celebre per la potenza evocativa, ma anche per la forza dei personaggi.
Non è difficile, aprendo il libro, immaginare perché Polanski abbia deciso di ispirarsi proprio a questo romanzo per trattare un argomento tanto scottante.

La trepidante attesa della proiezione è alimentata anche dal cast che recita in J’accuse: l’ufficiale Georges Picquart è interpretato dal premio Oscar Jean Dujardin, che si è detto entusiasta di vestire i panni di un vero eroe in una Parigi che si affaccia sull’alba del Novecento.

LA STORIA NELLA STORIA

Insomma, le premesse sembrano esserci davvero tutte per poter tenere gli occhi puntati su J’accuse in vista di questa Mostra del Cinema, nonostante dovrà vedersela con film che trattano argomenti più contemporanei e vicini al pubblico.
Eppure, oltre “la storia nella storia”, oltre le avventure di un ufficiale e una spia, il fascino del film storico è e resta indiscutibile, in qualunque epoca esso venga proiettato.

Riagganciandoci alle sopracitate parole del direttore artistico Alberto Barbera, la presenza sul grande schermo di pellicole che parlino al presente attraverso il passato è fondamentale. 
La tematica dell’antisemitismo, che fa da cornice e da sfondo all’opera di Polanski, è oggi attuale più che mai, nonostante si parli di un periodo davvero lontano.

In J’accuse la storia si sviluppa in un’atmosfera di cambiamento, siamo all’alba di un nuovo secolo, tra olezzi e profumi di una Parigi in divenire, l’alternarsi di pensieri corrotti e nuove idee che si fanno spazio tra il pregiudizio e la voglia di cambiare il mondo.
In The Laundromat, il passato ha un significato diverso, l’evento è già catalogato come fatto storico, nonostante il ritmo del film e la fotografia ci portino immediatamente a un passato che sa molto di presente.

Da sempre, il cinema storico ha un infinito potere sugli spettatori di qualunque età, basti pensare a quante volte, da studenti, abbiamo assistito a proiezioni proposte dagli insegnanti per aiutarci a comprendere meglio un accaduto o conoscere una determinata epoca.
Ho un ricordo molto chiaro della visione di Barry Lyndon e, in tutta onestà, devo ammettere che i miei quindici anni cozzarono parecchio con la qualità di un film che si concentra esclusivamente sulla storia, quella con la S maiuscola, rendendola il perno attorno a cui ruota il racconto.
Capolavori come quello di Kubrick vanno visti sì con la curiosità che possa attribuirsi alla giovane età, ma richiedono una seconda visione che consenta di apprezzare la capacità del cinema (e di un regista come pochi) di portare sullo schermo “la più ampia e rigorosa rappresentazione del Settecento che il cinema abbia mai prodotto” (fonte: Wikipedia)

Il Gladiatore . fanheart3
Scenda da Il Gladiatore (fonte qui)

La cinematografia ci ha anche regalato nel tempo veri e propri kolossal in cui, però, la porzione storica finisce con il fare da cornice al film che, nonostante l’incredibile impatto sull’audience, non viene ritenuto dagli esperti una vera pellicola storica. Per trovare degli esempi, se volessimo rifarci al cinema di un tempo, potremmo parlare di Ben-Hur; basta invece andare a qualche anno fa e arrivare a Il Gladiatore, entrato nell’Olimpo dei film storici più amati di tutti i tempi, ma pieno di inesattezze e sicuramente carente di riferimenti che alcuni critici ritengono imprescindibili per rendere un film storico degno di tale nome.

Lo scopo del cinema è sempre stato quello di rendere visibile ciò che è immaginabile, il fine del cinema storico è forse ancora più ambizioso: ricostruire qualcosa che non si è vissuta prima persona e trasmetterla fedelmente allo spettatore, coinvolgendolo e riportandolo in un’epoca che non gli apparterrà mai, se non durante le due ore di proiezione.

Che siate amanti del genere o meno, attraverso diversi titoli e, oggi in particolare, con J’accuse, la Mostra del Cinema di Venezia ci regala un viaggio nel tempo, in cui basta solo scegliere la data e partire, senza pregiudizi (o provando a lasciarli fuori dalla sala.)


Verdiana

Articolista. "It matters not how strait the gate, How charged with punishments the scroll, I am the master of my fate, I am the captain of my soul." (Invictus- W.E.Enley)