Questo articolo contiene degli spoiler, dunque se non avete ancora giocato a The Last of Us parte 2 e ne avete intenzione, vi sconsiglio di proseguire oltre (oppure tornate dopo averlo finito).


Ce ne sono in tutti i fandom. Persone che accendono flame a ogni piè sospinto, che scrivono spoiler senza taggarli, che fanno nascere insensate ship war. Nell’era dei social network, dove persino i più coriacei screenwriter si ritrovano costretti ad ascoltare la voce del fandom, linkano estratti di fanfic o fanart ad attori e registi. E no, il fatto che sia on-line e visibile a tutti non significa che la debbano leggere tutti, grazie mille.

Si chiamano Toxic Fandoms o Hatedoms e quelle sopracitate sono le persone che ne fanno parte, o che comunque contribuiscono alla decadenza di un fandom nella tossicità. Tanto per capirci, un fandom diventa tossico quando il senso di comunità, sicurezza e dialogo viene meno, portando alcuni fan ad assumere comportamenti negativi nei confronti dell’opera stessa, degli attori/registi/creatori o di altri fan. È molto probabile che i fandom ritenuti tossici muoiano in fretta, proprio perché le persone preferiscono starne alla larga piuttosto che farsi venire un’ulcera.

Nel mondo videoludico, purtroppo, è molto più facile incontrare questo tipo di fandom. Rispetto al mondo delle serie TV, o degli anime/manga, l’apprezzamento del pubblico si traduce in vendite più alte e capita molto spesso che titoli importanti – come remake di serie famose, o sequel molto attesi – vengano affossati a pochi giorni dall’uscita dalle recensioni degli utenti. È il caso di Resident Evil 3 Remake e dell’agognato Mass Effect Andromeda, che in mezzo a una trama tutto sommato interessante ci ha regalato espressioni facciali degne dei nostri incubi più vividi.

fireflight symbol the last of us parte 2

The Last of Us uscì quando ormai la PlayStation 3 stava per diventare un caro ricordo e, per citare Synergo di Quei Due sul Server, “fu un miracolo eucaristico”. Una grafica eccellente, un gameplay accattivante pur essendo essenzialmente uno sparatutto in terza persona, una discreta libertà nello scegliere l’approccio di gioco. Ma soprattutto una trama mozzafiato ricca di particolari, dove si capiva che niente era lasciato al caso e anche la più piccola sfumatura era importante per meglio comprendere il quadro generale.

Alla fine del viaggio di Joel ed Ellie non sapevi cosa fosse effettivamente più giusto fare. Lasciare che il medico delle Luci aprisse il cranio a una ragazzina per curare l’infezione e salvare il mondo era da eroi ma andiamo, volevi veramente impedire a un padre che ha visto morire la figlia di salvare la persona con cui per mesi ha attraversato gli Stati Uniti? Ecco, appunto.

ellie chitarra the last of us parte 2

Di base, il sequel di un capolavoro non può essere da meno. Almeno in teoria. E qui il discorso diventa complicato.

The Last of Us parte 2 è, analogamente al suo predecessore, il “canto del cigno” di PlayStation 4. Sono passati sei anni dal primo capitolo, e quasi quattro dall’annuncio del secondo alla PlayStation Experience del 2016. I fan della serie sono in visibilio per l’uscita della seconda parte e, come sempre accade, l’aspettativa sale. E la Naughty Dog è molto brava a far crescere la tensione, svelando le carte poco alla volta, nutrendoci con il contagocce.

Fast forward fino al 19 giugno 2020. Dopo vari rinvii esce The Last of Us parte 2… ed è subito flop. Almeno per quanto riguarda l’utenza. La critica, invece, ne è estasiata e a parte qualche mosca bianca è difficile trovare una recensione che sia sotto il 9.

Cos’è successo? È successo l’hatedom. The Last of Us parte 2 è stato oggetto di review bombing, ovvero di una valanga di recensioni negative da parte dell’utenza che magari non ha giocato il gioco nella sua interezza, ma ha tuttavia lasciato commenti negativi sulla base dei leak e di ciò che già si sapeva prima dell’uscita. Sul sito Metacritic.com sono comparse recensioni negative a pochi minuti dall’uscita, quando il gioco stesso prevede almeno 30 ore di gioco per essere completato.

Il motivo di questo attacco? Una parte riguarda la trama. L’aspettativa è una brutta bestia perché alza gli standard di ciò che ci si aspetta, e se qualcosa non va come l’avevamo idealizzata la sensazione che ne risulta è negativa. Il fatto che il protagonista della prima parte, Joel, muoia praticamene a inizio gioco è un gran brutto colpo da digerire. Inoltre ci sono state critiche riguardo al finale, che è sembrato frettoloso e poco curato.

L’altra parte riguarda la rappresentazione del mondo LGBTQ+. Esatto, Ellie è lesbica e più avanti nel gioco compare Lev, un ragazzino delle Iene (anche se preferisco il termine originale Scars per motivi di contesto) che si scopre essere stato Lily, una ragazza.

Per quanto riguarda le critiche alla trama, è pura questione di gusti. Personalmente l’ho trovata ben scritta e curata, con una meticolosa cura per i dettagli, in piena atmosfera TLOU. Non ho trovato il finale così scontato, soprattutto perché non mi aspettavo le sequenze di gioco successive al ritorno di Ellie e Dina da Seattle.

Probabilmente perché volevo quel lieto fine, seppur dolceamaro, ma alla Naughty Dog piace l’angst. Il (secondo) ritorno di Ellie nella casa vuota, con tutte le sue cose e la sua chitarra chiuse in una stanza, è stato forse un finale molto più amaro ma non sbagliato. Ellie ha fatto delle scelte e queste sono le conseguenze. La Naughty Dog ci ha dato delle persone, non dei personaggi, e la vita non è quasi mai un giardino di rose in fiore.

Ed è proprio la trama a rendere sterili il resto delle polemiche. Volendo stuzzicare i due grandi vespai, sia la morte di Joel che l’omosessualità di Ellie non erano una vera e propria novità. Che Ellie fosse lesbica si capiva giocando Left Behind, il DLC del primo The Last of Us, mentre la morte di Joel si intuisce già dal primo trailer rilasciato nel 2016. Non entrerò nel merito della questione, perché è già stato abbondantemente discusso all’epoca, ma una delle ipotesi più avvalorate era quella per cui Ellie stesse parlando con una sorta di proiezione di Joel, e non con l’uomo in carne e ossa. Quindi, davvero, niente di tutto ciò era completamente nuovo.

“Vuoi davvero affrontare tutto questo?”

Qui a Fanheart non abbiamo l’abitudine di ignorare gli elefanti nella stanza, quindi passiamo a Lev. Il personaggio di Lev è stato abbastanza controverso, più che altro perché è stato percepito come una forzatura politically correct. Ammetto di avere avuto la stessa impressione.
Dopotutto avevano già una protagonista lesbica, impegnata in una relazione romantica a cui sono state dedicate diverse scene durante tutto il gioco, perché inserire anche un ragazzo tansgender? Un po’ di contesto potrebbe tornare utile.

Lev e sua sorella Yara facevano parte delle Iene, o Serafiti per la precisione, una società religiosa formatasi dopo l’outbrake del Cordyceps che predilige uno stile di vita frugale lontano dalla tecnologia. Lev aveva da tempo cominciato a mettere in discussione sia se stesso che i modi di fare dei Serafiti ma, su consiglio della sorella, non aveva mai dato voce ai suoi dubbi. Quando la comunità decise di darlo in sposa a uno degli anziani lui cambiò il suo nome da Lily a Lev, si rasò la testa come gli uomini della comunità e abbracciò la sua identità di uomo. Per questo motivo fu cacciato dalla comunità e Yara lo seguì, abbandonando i Serafiti.

Ora, sinceramente trovo che Lev sia interessante non tanto per la storia in sé, bene o male già vista altrove, ma per come il personaggio viene trattato dagli altri. Nessuno di coloro che incontra mette in dubbio il suo genere o la sua sessualità, e se il dubbio c’è non viene espresso. Lo chiamano con il suo nome maschile, lo indicano come maschio in tutti i dialoghi e, soprattutto, nessuno a parte i Serafiti vede come un problema che Lev si identifichi come un uomo. Così come l’omosessualità di Ellie non è un problema per nessuno all’interno del gioco, a parte forse per l’unico anziano di Jackson che subito dopo si scusa. La relazione che lei ha con Dina è una normalissima storia d’amore e come tale viene trattata.

Perché? Sempre contesto. Sono passati 25 anni dall’outbrake del Cordyceps, un quarto di secolo in cui l’umanità ha vissuto la cosa più simile a un’apocalisse zombie che un fungo potesse provocare. Non esistono più religioni, o forme di governo su vasta scala, e chi è sopravvissuto ha essenzialmente imparato a uccidere non solo gli infetti – la cosa più semplice tutto sommato – ma anche altre persone. Viene da sé che chi è ancora in vita raramente ha più di 50 anni e molti sono nati dopo l’inizio dell’apocalisse, dunque quel mondo è l’unico che conoscono. Le persone sono semplicemente cresciute in una società che ha altre priorità e le espressioni di genere o di sessualità vengono viste come normali caratteristiche personali. Semplice, no?

Abby, interpretata da Laura Bailey

Ora che abbiamo finito di coccolare l’elefante nella stanza, occupiamoci dell’asteroide in rotta di collisione con la Terra: Abby.

Abby è un nuovo personaggio ed è la protagonista della seconda storyline del gioco. È giocabile, come si capisce già dal prologo, e la Naughty Dog ha fatto un lavoro sublime con il suo personaggio considerando che è la persona che materialmente uccide Joel. Molto violentemente. Davanti a Ellie.

Sì, ti fanno giocare con l’assassina del beniamino del primo gioco, letteralmente la persona che devi trovare e uccidere quando giochi con Ellie. Capito la Naughty Dog? Però hanno fatto i compiti, perché nonostante ti facciano giocare con un personaggio che tu di base già disprezzi, una volta che vedi il suo punto di vista potresti anche cambiare idea. Io l’ho fatto. In verità, se il gioco mi avesse fatto scegliere chi uccidere, probabilmente avrei tenuto Abby e ucciso Ellie. Non scherzo.

Ma anche su di lei le critiche non sono state poche. A parte il vetriolo causato dal suo uccidere Joel, una delle problematiche maggiori pare che sia stato il suo aspetto. Abby è molto muscolosa, quasi senza seno, e forse l’unico tratto femminile che ha sono i lunghi capelli biondi.
La spiegazione sta di nuovo nel contesto: durante la sua storyline si scopre che il medico delle Luci che avrebbe dovuto uccidere Ellie per creare il vaccino al fungo era il padre di Abby, e se non vi ricordate bene cos’è successo, Joel gli ha aperto un terzo occhio con un revolver. Abby ha passato tutta la vita con un trauma grande come una casa e per di più è diventata una WLF, un soldato, e dunque ha passato gli ultimi dieci anni ad allenarsi e a covare vendetta. Vendetta che ha avuto uccidendo solo ed esclusivamente Joel, lasciando in vita sia Tommy che Ellie. Adesso ditemi che non ha ragione.

Fossero solo critiche al suo personaggio, però, sarebbe anche accettabile. Non a tutti piacciono le stesse cose, come ho detto sopra. Il punto è che qualcuno ha oltrepassato il limite e ha twittato minacce di morte all’attrice che interpreta Abby, Laura Bailey, molto famosa nell’ambito dei giochi di ruolo per la sua partecipazione a Critical Role.

Questa è la tossicità di un fandom. Persone che non sono in grado di separare la finzione dalla realtà, che non sono in grado di scindere l’attore dalla parte e decidono di sfogare la loro delusione sull’attore stesso, augurandogli cose che se fossero figli miei gli rimodellerei i connotati a mani nude. Non sono una di quelle persone che crede che i videogiochi influenzino una persona, che annuisce con disapprovazione quando quotidiani e telegiornali danno la colpa a Call of Duty se i ragazzini diventano bulli o vanno in giro a fare i vandali. È solo un comodo caprio espiatorio per una notizia facile e distoglie l’attenzione dai veri problemi, che sono altri.

Mi piacerebbe poter dire che cose come questa sono rare, ma non sarebbe vero. Mi piacerebbe poter dire che le persone che scrivono minacce di morte sui social network avranno ciò che si meritano, ma nemmeno questo sarebbe vero. Posso solo sperare che opere meritevoli come The Last of Us parte 2 non vengano effettivamente distrutte da branchi di cerebrolesi da tastiera e consigliare a chi è interessato a un gioco – ed è in grado di discernere tra realtà e finzione – di giocarlo comunque, senza farsi influenzare dall’hatedom o da commenti sterili senza fondamento.

Non si può giudicare qualcosa senza conoscerla.


Yoko Hogawa

Articolista. "You knew you could not live with the empty space, so you replaced your heart with metaphors, and set out to create a world where the metaphor was unbreakable. Now look what you have done, you can't breathe so you write." [Mindy Nettifee; "The First Time"]